DIARIO DI VIAGGIO: CRACOVIA-AUSCHWITZ 1-4 NOVEMBRE 2013
Il racconto dell’esperienza vissuta da Michele Rigosa del gruppo di Brescia, 1 – 4 novembre 2013.
Organizzatore del viaggio: SOS Travel
Perché vai ad Auschwitz?
Prima di partire avevo una risposta. Non precisissima, ma una. Chi arriva a decidere di andarci, è perché sente o ha sentito una sorta di richiamo. Ora che sono tornato ne ho cento di risposte. Ma partiamo dall’inizio. Per me è stato bellissimo organizzare questo viaggio, era un mio sogno. Ciò nonostante, finchè tutto è filato liscio, un po’ di timore l’ho avuto. Il nostro gruppo è formato da 30 persone. Che si riveleranno 30 splendide persone alle quali, dopo aver vissuto insieme a loro questa esperienza memorabile, sarò sempre legato da un ricordo indelebile.
VENERDI’ 1 Novembre
Si parte venerdì 1 Novembre, alle 14.00: pullman Collebeato-Bergamo. Volo alle 16.20, destinazione Cracovia. Il tempo del volo è a dir poco volato in tutti i sensi. All’arrivo, all’uscita dal gate, una ragazza polacca tiene un cartello con scritto GRUPPO MICHELE RIGOSA. Qua mi conoscono da almeno 6 mesi, il tempo necessario per organizzare tutto. Fatte le dovute presentazioni Marta, la nostra guida, che svolgerà anche il ruolo di nostro angelo custode, ci accompagna in Hotel (voto 6). Depositate le valigie, ci fa una presentazione di Cracovia mentre a piedi ci rechiamo in un tipico ristorantino del centro storico. Si capiscono subito 2 cose: uno, saremo molto a nostro agio con questa ragazza; due, immagino che nella sua borsa abbia almeno 2-3 bottigliette d’acqua: non può reggere molto la sete con l’incredibile parlantina che ha. Curiosità: non la vedrò mai bere una volta in 3 giorni….
Detto questo, consumiamo la migliore cena da qui a lunedì in una vecchia cantina del 1300. La digestione viene aiutata dalla passeggiata in centro dove Cracovia si rivela in tutta la sua bellezza. Stasera andremo a dormire presto, ma già prevediamo che l’indomani avremo l’imbarazzo della scelta x divertirci e scegliere l’orario di fine serata….
SABATO 2 Novembre
Dopo una buona e ricca colazione, scopro subito che nel nostro gruppo abbiamo almeno 4 fotografi professionisti: Gianni, Maurizio, Mauro e Roberto. Altri 15 me compreso siamo semiprofessionisti. Diciamo che non ci mancheranno sicuramente le foto-ricordo. Oggi sarà dedicato x intero alla città. Una full immersion fra storia, cultura, re, principi, curiosità, leggende. Non pensavo che Cracovia avesse così tanto da raccontare. Questo anche grazie al fatto che durante la seconda guerra mondiale la città è stata risparmiata, avendo origine tedesca. Il gusto di apprendere tutto questo grazie ad una persona che conosce la storia almeno tanto quanto io conosco la piantina di casa mia è veramente speciale. Marta è laureata, lo si era capito. Stupisce il fatto che lo sia in scienze storiche della Spagna?!?!?!…. Pazzesco. Pazzesco come constatare che in tutto questo mix fra Polonia e Spagna lei parla l’italiano meglio di me. La cosa positiva della mia ignoranza sulla storia politico-culturale di Cracovia è che tutto quello che Marta ci racconta mi sorprende. Non smetterei di ascoltarla un secondo, solo la fame ci fa staccare 1 oretta. Semplice ristorantino, che con 10€ ci da primo, secondo, dolce e caffè. Anche qui qualcosa ci sorprende: una birra da mezzo litro ci costa 7 Zsloty che corrispondono ad € 1,75. Se non fosse che la giornata è ancora lunga ci sarebbe da ubriacarsi…Vediamo chiese bellissime, palazzi maestosi, piazze altrettanto stupende. Ci spostiamo poi nel quartiere ebraico. Qui la storia mi fa pensare molto alla seconda guerra mondiale, la relazione fra Cracovia ed Auschwitz in questo quartiere si delinea. Anche Spielberg qui è stato ispirato. Si riconoscono infatti benissimo i luoghi dove sono state girate alcune scene di Schindler’s list (voto 10), film che personalmente amo per quanto mi ha insegnato e che dopo questo viaggio rivedrò al più presto con un’altra ottica. Sono le 16,30, la stanchezza comincia a prendere il sopravvento. Torniamo in Hotel. Sarebbe bello e utile fare un riposino ma diamo più importanza al fatto che siamo a Cracovia e bisogna sfruttare il tempo nel miglior modo possibile. Quindi ci proponiamo un aperitivo. Così è. Dopo un’ora siamo seduti nella piazza medievale più grande d’Europa (voto 9) a sorseggiare uno spritz (voto 7 1/2 se non altro per il panorama davanti al quale lo sorseggiamo), tra un via vai di gente e un via vai di carrozze rigorosamente bianche trainate da cavalli. Ci voleva…Ceniamo in Hotel, niente di eccezionale (voto 6), se non anche qui gioiamo per il prezzo irrisorio della birra… Il nostro gruppo è molto vario: si va dalle 2 ragazze 22enni del ’91, Margherita ed Erica, (tanto di cappello a loro che hanno deciso di affrontare questo viaggio, per di più con persone più adulte….) ai 73 suonati di Pierino. In mezzo ci sono gli anni ‘50, i ’60, i ’70 e gli ’80. Sarà tutto questo mix, ma ho la sensazione che questo gruppo sia perfetto, nella sua varietà, semplicità, simpatia e serietà.
Cracovia by night (voto 9) offre mille cose: locali notturni a go-go, discoteche, pub. Noi giovani optiamo per uno dei locali dove pare facciano i migliori cocktail della città. Ruggero, Alice, Roberta, Cesare, Elisa, Pierino ed io ci sentiamo quasi subito a nostro agio anche se il locale è addobbato ad hoc x la festa di Halloween. Ci ritroviamo infatti in mezzo a streghe, diavoli e assassini che ballano. C’è una truccatrice a nostra disposizione (se lo volessimo) e subito penso: se anche Pierino si fa truccare, (si perché Pierino ce l’ha nel DNA di far parte del gruppo giovani, in ogni occasione…) possiamo tornare a casa, avremmo già dato abbastanza. Non passano che 5 minuti e ci troviamo la faccia dipinta da scheletri…Che ridere….Se fossi di parola sarei già sulla via del ritorno. Il mojito è ottimo (voto 8). Facciamo conoscenza con il proprietario del locale che, dopo averci offerto un giro, ci racconta il perché si è trasferito qua a lavorare. Prevedibile… Sono con mia moglie, ciò nonostante intravedo in lei un tacito assenso per esprimere il mio giudizio su alcune notevoli polacche (voto 8) molto attraenti, alte e bellissime pure da streghe. Ormai sono quasi le 2, direi che la giornata l’abbiamo vissuta al 100%. Domani ci aspetta Auschwitz e il solo pensiero mi fa girar la testa. Dopotutto siamo qui per questo.
Me ne vado a letto pensando a 3 cose: 1.ho la conferma che visitare altre città, confrontarsi con altre culture è una delle cose più belle che ci sia. 2. i polacchi sembrano gente a posto, seria, accogliente, preparata. Ma sono anche dei pazzi furiosi. Solo un esempio: dalla chiesa di S.Maria, la chiesa principale della città, ad ogni ora, tutti i giorni, tutto l’anno, dal campanile si affaccia un trombettiere che suona una melodia (x 4 volte, una per ogni finestra dei 4 lati del campanile) in ricordo di una famosa leggenda. Sottolineo a tutte le ore e tutti i giorni! Bah… 3. domani, penso, sarà una giornata molto intensa sotto tutti i punti di vista. Nonostante la stanchezza faccio fatica a prendere sonno, eccitato (per modo di dire) dalla prospettiva di quello che ci aspetta domani…
DOMENICA 3 Novembre
Sveglia alle 7.00. Mi sembra di non avere mai dormito. Avverto subito la chiara sensazione che provavo prima di addormentarmi. Mi sento come un bambino che aspetta di andare allo stadio. Sacrilegio? No, solo grande voglia di conoscere da vicino quello che per tanti anni ho solo visto sui libri, alla tv. Meglio fare un’abbondante colazione, si sa mai che oggi si abbia voglia di saltare il pranzo…Fatta quindi scorta di calorie partiamo con il pullman alla volta di Oswecim, nome originale di Auschwitz. Il cielo è grigissimo, come se avessi firmato un contratto con qualcuno per avere lo scenario ideale x visitare questo luogo. Lungo il tragitto Marta ci fa vedere un documentario che ci introduce quello che vedremo 60 Km dopo. Il nostro angelo custode ci da un sacco di rassicurazioni e ci affida ad una sua collega, specializzata a questo tipo di visita. Maddalena è effettivamente più adatta, in questo caso. Ha un aspetto cupo, poco solare, una voce cupa e poco solare. Brava, anche perché nelle sue spiegazioni traspaiono emozioni, come se fosse la prima volta che racconta questa cose. Ognuno di noi viene dotato di cuffie wireless. In tal modo Maddalena parla senza aver bisogno di alzare la voce e senza che noi dobbiamo necessariamente essere vicino a lei. Oltre che utile, è un modo per avere rispetto di questo luogo, dove il silenzio la fa giustamente da padrone. Superato il corridoio d’ingresso, arriviamo in una zona all’aperto dove subito si vede l’ingresso con la famosa scritta in ferro: Arbeit macht frei, il lavoro rende liberi. Un brivido corre lungo la schiena. Pensare che migliaia di persone passavano qui sotto pensando di trovare chissà quale libertà andando invece incontro a morte sicura, è una pugnalata. Elisa ha un sussulto, ci ha dovuto pensare un po’ prima di entrare. Passata la soglia, ci si presenta una sfilza di strutture tutte uguali, ognuna recante all’ingresso un cartello con scritto Block N… Perfino la parola Block fa paura, ripensando ad esempio alla descrizione di Primo Levi in “Se questo è un uomo”. Talmente “distratto” da quest’impatto emotivo e visivo che quasi non mi accorgo che tutt’intorno siamo circondati da pali e filo spinato. Non voglio dilungarmi molto su quello che vediamo. Mi colpiscono le tonnellate di capelli accatastati in uno dei Block, le centinaia di scarpe e gli indumenti conservati di molti bambini che qui hanno trovato la morte. In realtà mi sono talmente preparato prima della partenza leggendo libri e vedendo documentari abominevoli, che questa parte della visita la vivo un po’ freddamente. Non me l’aspettavo. Pensavo di rimanere più emotivamente coinvolto negativamente.
La realtà è che poi fino a sera e dopo ancora, e ancora oggi, dentro di me scaturiscono pensieri nuovi ed emozioni indescrivibili, una dietro l’altra. Quello che alla fine dei conti mi fa più effetto è il sapere di essere proprio qui, in questo luogo tanto temuto dove hanno perso la vita più di un milione di persone. Una suggestione indescrivibile. Probabilmente tra un viale e l’altro, passeggiando fra i block, non mi sorprenderei a sapere che 2 metri sotto terra ci sono stati o ci sono ancora scheletri di povere anime. Riesco a rimanere sufficientemente freddo anche quando entriamo nella zona dei forni crematori, quando la guida ci spiega che venivano cremate 5000 persone al giorno e, siccome non erano sufficienti per smaltire il campo, si dovevano costruire altri forni con l’obiettivo di arrivare a 10000. Qui finisce la prima parte della visita, ora ci aspetta il campo II, quello di Auschwitz-Birkenau, a 3 Km di distanza.
E’ arrivando a questo ingresso che provo un forte disagio. Fino a ieri, se pensavo ad Auschwitz pensavo a questa immagine, dove ci sono ancora i binari su cui arrivavano tutti i treni dei deportati. Vedendo la famosa torre di guardia che fa da ingresso e che sormonta il binario, il cielo grigio e dietro una distesa immensa di spazio aperto, mi si accavallano tanti pensieri. Questo campo fa ancora più paura perché se chiudi gli occhi e ti immedesimi a 70 anni fa, pensi che sia la cosa peggiore che ti possa capitare. Qui arrivavano i treni, subito una selezione fra uomini,donne e bambini. Anziani e non abili subito scartati e mandati alla morte, x gli altri iniziava un calvario. Non penso di sbagliare dicendo che forse andava meglio a chi veniva subito scartato e gassato. Entrando in una delle baracche in legno ho la conferma. Esempio di baracca: 135 letti a castello uno attaccato all’altro e formati da 3 letti ognuno. Ci dormivano in 600 persone in condizioni igieniche pari allo zero. Un inferno. E tutto questo era la cosa meno peggiore della giornata, dopo aver fatto 10-12 ore di lavori pesanti, vestiti solo di pantaloni e giacca in qualunque condizione atmosferica e dopo aver mangiato una scodella di acqua sporca con mezzo pane, da loro chiamata zuppa. Usciamo dalla baracca, piove a dirotto. Può essere un problema dopo aver toccato con mano quello che accadeva qua? No! Anzi l’assurdo è che alcuni di noi ci siamo riparati sotto la volta della torre di guardia. Mi sorge un amarissimo sorriso. Un controsenso, quella che una volta era la porta della morte, per qualcuno qui serve da riparo. Non posso far altro che ritenermi una persona fortunatissima. Saliamo pure sopra la torre, sede delle guardie SS che da lì dominavano il campo. Verso le 14.00 la visita termina e sotto un acquazzone torniamo a Cracovia, tutti un po’abbacchiati.
E’ Marta a farci tornare alla realtà, dandoci tante altre informazioni curiose sui luoghi in cui siamo. Visitiamo il museo di Schindler che, anche se un po’ mi delude perché pensavo di vedere la vecchia fabbrica gestita da questo grand’uomo, racconta i 6 anni di guerra vissuti dalla Polonia e in particolare da Cracovia, lungo un percorso creato ad arte. Alle 17.00 torniamo in Hotel e questa volta l’aperitivo decidiamo di saltarlo. Ognuna resta nella propria camera a riposarsi e, probabilmente, a meditare. Ah dimenticavo, salutiamo Marta (voto 9), senza prima farci lasciare la mail per tenerci in contatto. Da domani non sarà più con noi. Ci eravamo già affezionati.
Niente di che la cena, ma una cena di lusso se paragonata alla zuppa di cui parlavo prima. Questa sera a tavola ci si scambia pareri sulle sensazioni provate e sulle emozioni scaturite oggi. Una cosa comune che posso constatare, ammetto con un po’ di sollievo, è che probabilmente tutti si erano preparati bene al peggio, per cui lì per lì, durante la visita, chi più chi meno, è rimasto un po’ più freddo del previsto. Non voglio però essere frainteso. Le emozioni e le sensazioni scaturiscono di continuo ancora oggi. Ed è difficile spiegarle a parole.
Una delle tante letture che si può trarre della visita me la da Mariarosa “ Ho vissuto la giornata come la visita di un luogo sacro, come una sorta di pellegrinaggio”. Pienamente d’accordo. Solo il rendere omaggio alle persone che sono morte in quel che si può considerare il cimitero più grande al mondo è già un motivo sufficiente per venirci almeno una volta nella vita.
Un mese fa ci siamo trovati con il professor Alessandro Bianchi che ci aveva preparato a questo viaggio, consigliandoci sul come affrontarlo. Eccellente la sua interpretazione, eccellente il riscontro che abbiamo avuto sul “campo”. Ricordo che una cosa importante che ci disse è stata ”ricordatevi che una volta visitato Auschwitz per voi c’è un dopo”, cosa che per quella povera gente non c’era. Si entrava e non si usciva più. Anche sulla base di questo consiglio, decidiamo che per oggi abbiamo constatato, pensato, riflettuto e discusso abbastanza. C’è chi torna in stanza a chiudere la giornata pesante e chi come me, Cesare e Pierino decide di staccare completamente. Cracovia by night ci aspetta. Ci divertiamo tantissimo, anche se ad un angolo del cuore e ad una parte del mio cervello non sembrerebbe giusto. Sfoggio x forza di cose il mio inglese (voto 6) che con grande gioia posso constatare che viene capito. Chiudiamo con un kebab che definire spettacolare è poco (voto 9), alle 2 di notte.
Se possibile, anzi ne sono convinto, questa giornata è stata vissuta al 101%.
Entro nel letto con mille pensieri ma una sensazione chiara: sono una persona felice e fortunata. A prescindere. In più in parte a me c’è mia moglie e a casa ho 2 figli che mi aspettano. Non posso pretendere assolutamente nulla di più.
LUNEDI’ 4 Novembre.
Si dorme solo x 4 ore. Questa mattina infatti la sveglia è alle 6,30. Dopo la solita abbondante colazione, carichiamo i bagagli sul pullman che ci porterà prima a visitare le miniere di sale di Wieliczka e poi in aereoporto x il volo di ritorno. Le miniere sono una bella sorpresa. Attraverso 2,5 Km di gallerie si scende fino a 135 mt sotto terra. Tutto abbastanza sconvolgente se si pensa che oggi si vede tutto con la luce artificiale ma una volta….L’apoteosi è quando si arriva alla cappella principale, grandissima, che sembra di marmo ma che è fatta tutta di sale, dai lampadari, all’altare, al pavimento. Quasi indescrivibile. Qui ci si può anche sposare! Ci facciamo fare una foto di gruppo e proseguiamo lentamente fino al termine della miniera. Risaliamo in superficie con la sensazione di aver visto anche oggi qualcosa di sorprendente. L’ho descritta in due parole ma la visita è durata 2 ore! Da non perdere se si viene a Cracovia….
Sono le 11,30, ci trasferiamo in aereoporto; il check-in è già fatto per cui entriamo nel nostro gate e aspettando l’imbarco ci mangiamo un panino. Sto volutamente molto leggero perché la sera mia suocera mi prepara un piatto di pasta, non la mangio da 4 giorni e mi manca….Anche il volo di ritorno vola, grazie anche al fatto che mi addormento subito dopo la partenza. Il pullman ci riporta a Collebeato. Ci salutiamo tutti e a me personalmente mi mancano già tutti quanti. Tranne la Ely, x il semplice fatto che resta con me…
CONSIDERAZIONI PERSONALI
Sembra scontato, ma un’esperienza di questo genere consiglio a tutti di farla almeno una volta nella vita. Come dicevo prima, la preparazione curata del viaggio (lettura di libri, visione di documentari) permette di non avere grossi contraccolpi negativi. Anzi permette di passare direttamente al livello superiore, quello della meditazione. Io, come penso tutti i miei compagni di viaggio, ne esco rafforzato. Con la consapevolezza di essere un privilegiato nella vita.
Ora siamo ufficialmente testimoni diretti dell’olocausto. Visitare Auschwitz vuol dire anche questo. Il nostro dovere è quello, nel nostro piccolo, di tramandare la storia per far si che non si ripetano assurdità del genere. Auschwitz è stato anche definito “la fabbrica della morte”. Ed è una definizione appropriata. Qui infatti era tutto organizzato nei minimi dettagli, come nelle migliori fabbriche. Questo stupisce ancora una volta. Non è l’assurdità di un singolo che ha causato tutto a far scalpore, ma l’organizzazione quasi perfetta di un sistema. E come sia potuto accadere tutto questo per tanto tempo è davvero incredibile. Per la storia comunque ci sono altri modi per approfondire, non sono certo io a doverla spiegare. Quello di cui posso far tesoro è la testimonianza e la memoria. Che ognuno di noi dovrebbe tramandare e a sua volta farne tesoro per apprezzare al meglio la vita dei giorni nostri. E soprattutto per apprezzare le piccole cose che ci accadono ogni giorno.
Quello che più mi ha fatto orrore ad Auschwitz è quello di aver pensato, mentre si è sul binario d’ingresso, a quello che accadeva 70 anni fa e rapportarlo alla mia famiglia. Mio Dioooooooo. Moglie e figli da una parte, io dall’altra. Non ci saremmo più rivisti, avrei solo dopo saputo che fine avremmo fatto tutti quanti. Impossibile da digerire una cosa del genere anche alla persona meno sensibile che esista sulla faccia della terra. Mi fermo qui. Tante altre considerazioni preferisco custodirle un po’ gelosamente dentro di me. Sono felice, molto felice di quello che ho.
Detto questo passo ai ringraziamenti. Vorrei ringraziare inanzitutto coloro che con me hanno condiviso questa straordinaria esperienza: Alba, Alceste, Alice, Cesare, Elena, Elisa, Erica, Federica, Franca, Gianni, Giorgio, Giovanna, Lucia, Mariarosa, Marilisa, Mario, Margherita, Marina, Maurizio, Mauro, Mauro, Mina, Paola, Pierino, Roberta, Roberto, Ruggero, Sara, Thomas. A tutti loro do voto 10.
Ringrazio Stefano, dell’agenzia di Roma, (voto 9) che mi ha sopportato nei sei mesi di organizzazione. Marta che ha reso il nostro soggiorno semplicemente molto piacevole e ci ha assistito al 100%. Grandissima! I miei suoceri che hanno permesso a me ed Elisa di assentarci 4 giorni. Mia sorella x lo stesso motivo. I miei genitori per avermi fatto nascere in un’epoca migliore…Elisa, Asia e Mattia perché mi ricordano in ogni istante di quanto sono fortunato.
Non dimentico tutti gli amici, attraverso i quali vivo e condivido a pieno le piccole cose di cui parlavo prima.
GRAZIE,
Michele