Stima e vicinanza fraterna tra l’Italia e la Polonia erano sentimenti già presenti qualche secolo fa. Prova storica di rilievo sono i due inni nazionali, italiano e polacco, scritti rispettivamente nel 1847 e nel 1797. Ma ripercorriamo la storia di quegl’anni.
Alla fine del XVIII secolo la Russia e l’Austria si erano divise il territorio polacco. Circa 1500 soldati polacchi, pur di combattere contro gli oppressori, si unirono volontariamente alle truppe napoleoniche allora impegnate in Italia contro l’impero Austriaco. Durante una spedizione militare, le truppe polacche entrarono a Reggio Emilia dove Józef Wybicki, tenente dell’armata capitanata dal generale Jan Henryk Dąbrowski scrisse una mazurka che incitava il proprio popolo a combattere per la libertà della Patria. In particolare nella prima strofa, l’improvvisato compositore esordisce così:
Traduzione in italiano:
Jeszcze Polska nie zginęła La Polonia non è ancora scomparsa
Póki my żyjemy, finché noi viviamo
Co nam obca przemoc wzięła, Quello che la forza nemica ci ha tolto
Szablą odbierzemy. noi con la sciabola ci riprenderemo.
Marsz, marsz, Dąbrowski, Marcia, marcia Dabrowski
Z ziemi włoskiej do Polski dalla terra italiana alla Polonia
Za twoim przewodem, Sotto il tuo comando
Złączym się z narodem. ci uniremo al popolo!
Goffredo Mameli, nello scrivere l’Inno italiano esattamente 50 anni dopo, sembra voler ricambiare la prestigiosa citazione. Nell’ultima strofa infatti viene ricordato il destino comune dei due popoli, entrambi prima dominati dall’Aquila d’Austria, e poi capaci di trovare la propria libertà:
Son giunchi che piegano
Le spade vendute:
Già l’Aquila d’Austria
Le penne ha perdute.
Il sangue d’Italia,
Il sangue Polacco,
Bevé, col cosacco,
Ma il cor le bruciò.
Simpatico ed interessante aneddoto che, se raccontato al momento giusto, istaura sin da subito un clima amichevole tra i tanti turisti che visitano Cracovia, Varsavia, Danzica e le altre belle città della Polonia.
I polacchi sono sempre ben disposti nei confronti di chi viaggia nel loro paese, specialmente nei confronti degli italiani, simpaticamente soprannominati “Maccheroni”!
scritto con la collaborazione di Matteo Iannucci